Le campane

“Era una festa” torna coi suoi ricordi la signora Fiore e torna alla carica coi suoi biscotti di Pasqua.

“Mio padre mandava u juvini ad attaccare le campane il giovedì mattina verso le dieci. Mio padre correva a legare i campanacci alle bestie perché si preparava la passione di Cristo. Alle bestie a cui si potevano togliere, le campane venivano riposte nella stalla, a quelle bestie a cui non si potevano togliere si riempivano le campane di paglia in modo che il batacchio non potesse risuonare”.

Il racconto come spesso accade si ferma in un momento essenziale. In quel momento è una intera vallata che tace e nel silenzio tutto si ferma per ossequiare ed osservare la passione della Madre e del suo unico figlio. In quel momento anche la signora Fiore tace.

Si sente quasi il silenzio delle campane.

Le campane tacevano così insieme a quelle delle chiese fino a sabato quando venivano liberate dalla paglia e riappese ai colli delle bestie ed univano i loro rintocchi a quelli delle campane delle città, delle valli, e delle fiancate delle colline della provincia. “Era una festa” continua la signora Fiore nel suo ricordo di quando era bambina “era una festa!

Mi ricordo che papà andava ad attaccare la campane delle bestie perché non suonassero dal Giovedì al sabato quando venivano liberate. “Era una festa” torna a ripetere la signora Maria e intanto dal un cassetto tira fuori una piccolissima crocetta di legno… “a Cruci i callebba”.

Marcella Burderi